Cluster reshoring, un nuovo modello di sviluppo territoriale per attrarre investimenti esteri

di Giuseppe Farchione e Nello Rapini (*) 21/07/2021 18:34
Cluster reshoring, un nuovo modello di sviluppo territoriale per attrarre investimenti esteri

Ritorna la vocazione manifatturiera, perché spesso i benefìci economici attesi dalla delocalizzazione delle filiere sono stati inferiori alle aspettative. L’Italia ha un’occasione eccezionale per rafforzare la propria leadership, attraverso un modello innovativo di sviluppo territoriale

Il reshoring è l’opposto dell’offshoring e consiste nel rientro a casa delle aziende che in precedenza avevano delocalizzato in Paesi asiatici ,come Cina o Vietnam o nell’Est Europa come Romania o Serbia.

Il consorzio interuniversitario «Uni-Club MoRe Back-Reshoring», che raduna gli atenei di Modena-Reggio Emilia, L'Aquila, Udine, Catania e Bologna ha messo sotto la lente di ingrandimento 102 decisioni di imprese italiane di back-reshoring (rientro nel Paese d’origine) e 12 di near-reshoring (rientro in Paesi limitrofi).

Negli Usa, il fenomeno del reshoring è stato oggetto di specifici interventi legislativi, in particolare tramite il Blueprint dell'amministrazione Obama (The White House, 2012), che ha avviato una politica industriale basata sul back to manufacturing, non a caso teorizzato ad Harvard, e alla Reshoring Initiative di Harry Moser del 2010.

Nel Regno Unito la politica di reshoring è stata avviata dall'amministrazione Cameron e, a partire dal 2014, l’Uk Trade & Investment ha unito le forze con il Manufacturing Advisory Service (Mas) per il lancio di Reshore Uk-Government advisor service for a Welcoming Economy.

La Francia dispone già della migliore detrazione fiscale in Europa per ricerca e innovazione e di un regime fiscale attrattivo per società finanziarie e sedi centrali di grandi imprese. L'agenzia Invest in France agency (Afii) è collegata con una pluralità di agenzie di promozione e sviluppo a livello regionale e metropolitano e con aggregazioni di vario genere.

In Italia c’è un interessante disegno di legge del Senato presentato nel 2018 e diverse iniziative di carattere regionale (Marche, Abruzzo, ecc.) che si focalizzano soprattutto sul sistema di aiuti ed incentivi (di carattere fiscale ed occupazionale) a favore delle aziende intenzionate a rilocalizzare le proprie produzioni nel Paese.

Alcune regioni italiane, capeggiate dal Piemonte, hanno già messo in atto iniziative che, nell'ambito delle proprie competenze, vanno nella direzione di rendere più semplice il rientro delle attività dall'estero. In questa direzione si sono mossi il Piemonte, attraverso il contratto di insediamento, la Lombardia con gli accordi di attrattività, l’Emilia-Romagna con la Strategia regionale di innovazione per la specializzazione intelligente, Puglia e Veneto con il Progetto reshoring, Marche e Umbria con accordi settoriali e l'Abruzzo tramite la Carta di Pescara.

Insomma, in Europa e in Italia si sta riscoprendo la propria vocazione manifatturiera e va prendendo coscienza del fatto che non di rado i benefìci economici attesi dalla delocalizzazione delle filiere produttive si sono rivelati inferiori alle aspettative.

Ma c’è un altro elemento di forte criticità che soprattutto le aziende attive nei settori manifatturieri più tradizionali hanno vissuto, a loro spese, in questi ultimi mesi: la fragilità delle supply chain allungate, le catene di fornitura create con una esasperata ricerca del costo più basso e localizzate lontano dagli hub finali di produzione. Queste catene, figlie della globalizzazione a tutti i costi, sono state l’anello debole che ha ceduto per primo all’inizio della pandemia.

L’Italia, in questo contesto, ha un’occasione eccezionale per rafforzare la propria leadership manifatturiera in Europa, attraverso un modello innovativo di sviluppo territoriale.

Superando la logica geografica dei distretti settoriali, si può favorire il rafforzamento delle filiere locali (anche interregionali) di Pmi subfornitrici specializzate in specifici ambiti tecnologici, creando delle vere e proprie piattaforme integrate per la subfornitura che garantiscano alle grandi aziende manifatturiere il time to market nelle produzioni strategiche, in un’ottica di local to local che accorci le filiere della fornitura, riducendo i costi della logistica, favorendo i processi di controllo, velocizzando le iniziative di R&s partenariali, garantendo una maggior resilienza agli shock esterni (ambientali, sociali, politici, finanziari, ecc.). C’è già, in Italia, anche lo strumento giuridico più idoneo e flessibile a realizzare l’obiettivo in esame: la Rete di Imprese.

E’ il modello che si può definire Cluster Reshoring, che sposta il focus delle agevolazioni e dei sostegni dalle imprese che intendono attivare iniziative di reshoring ai cluster locali di Pmi che possano diventare attrattori e facilitatori di tali iniziative. Passando da un sistema di aiuti diretti alle grandi aziende (peraltro con molti vincoli normativi a livello Ue) a un panel di incentivi articolato per le Pmi locali, molto ben visto dal legislatore comunitario.

Il Cluster Reshoring potrebbe essere un pivot centrale della nuova politica industriale italiana che, favorendo ciò che già c’è (le PMI a elevata vocazione tecnologica) contrasterebbe la dispersione industriale e, allo stesso tempo, caratterizzerebbe il modello italiano di attrattività industriale.

* Partners, RSM Italy Corporate Finance


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