Cop26, il bicchiere è mezzo pieno

di Patrizia Feletig 12/11/2021 19:12
Cop26, il bicchiere è mezzo pieno

Per quanto mutilato nelle sue ambizioni, quello di Glasgow non sarà un accordo storico ma rimane un passo importante nella decarbonizzazione. Ecco perché

Mancano una manciata di ore alla conclusione del vertice ONU sul clima, anche se non c’è di fatto un temine inderogabile di chiusura, e i delegati di 197 nazioni lavorano freneticamente per limare il testo finale dell’accordo che potrebbe vedere la luce sabato 13.

Dopo l’esultante ottimismo di giovedì 11 relativo all’annuncio di un accordo congiunto tra i due principali responsabili di emissioni di gas serra, Cina e USA, venerdì è subentrato un mesto possibilismo. Ancora diversi i nodi da sciogliere.

In ballo c’è la partita finanziaria degli aiuti ai paesi in via di sviluppo per realizzare azioni di contrasto agli effetti di inondazioni, siccità, incendi correlati al cambiamento climatico. Le politiche di adattamento, introdotte in questo round di negoziazioni e trascurati dai precedenti vertici, sono in cima all’agenda delle economie povere, vittime indifese dei disastri naturali estremi sempre più frequenti e intensi. Un esempio, per capire. L’uragano Ida che colpì New Orleans in ottobre, fece nove vittime. Sedici anni prima, con l’altrettanto violento uragano Katrina, se ne contarono 1.800. Nel frattempo, si sono edificate dighe e paratie per miliardi di dollari.

Al centro delle negoziazioni serrate c’è anche l’impegno di uscire dal carbone entro il 2030, 2040 per i paesi in via di sviluppo. Finora, per quanto incredibile, non si era mai fatta esplicita menzione in un vertice climatico di abbandonare la fonte fossile più inquinante. Indiscrezioni fanno però capire che questa risoluzione potrebbe uscire annacquata nel documento finale.

Per quanto mutilato nelle sue ambizioni, COP26 non sarà un accordo storico ma rimane un passo importante nella decarbonizzazione. Si è confermato il contenimento dell’aumento delle temperature globali ben sotto i 2 gradi rispetto ai livelli preindustriali e viene riconosciuto che l’impatto sul pianeta di un aumento superiore a 1,5 gradi porterebbe ad eventi estremi irreversibili. Per questo è fissata al 2030 la data per il taglio di 45% delle emissioni rispetto ai valori del 2010 (dieci punti percentuali in meno rispetto al pacchetto UE Fitfor55) e puntare alla neutralità carbonica a metà secolo, con il bilanciamento tra le emissioni nette di gas prodotte e quelle assorbite e/o rimosse; mentre sulla base degli impegni volontari presentati dai singoli paesi si è allineati sul +13%, una rotta che porterebbe verso un insostenibile aumento di 2,4 gradi entro 2100.

Per centrare i target ambientali, la COP26 esorta le parti a fare di più, in vista del prossimo incontro a Sharm-el Sheikh nel 2022, ma con pragmatismo riconduce lo sforzo dei paesi secondo il principio “delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità alla luce delle circostanze nazionali”. E questo è climaticamente un passo avanti nella politica del realizzabile.

 


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