Il segreto economico della Svizzera è nella sua storia

di Friedrich Magnani 15/09/2022 10:35
Il segreto economico della Svizzera è nella sua storia

Il franco svizzero regna incontrastato e ipervalutato sull’euro, con un 3-4% di inflazione. Come mai? Piccolo viaggio storico nella struttura industriale del paese

Mentre tutta l’Europa registra tassi d’inflazione vicini alla doppia cifra, il franco svizzero regna incontrastato e ipervalutato sull’euro, con un'inflazione che nella Confederazione si mantiene sulla soglia del 3-4%. Come mai? Una volta, l’ex segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ebbe a dire, con un’espressione in glossario da boxe: “Switzerland punches above its weight”, la Svizzera, colpisce più forte del proprio peso. In effetti, se si pensa alle grosse multinazionali come Nestlé, ABB o Schindler o all’offerta dei servizi bancari di Ubs, Credit Suisse e Julius Baer, la Svizzera ha un peso economico non indifferente, nel panorama mondiale (sesta come pil pro-capite) rispetto alla grandezza del proprio Paese, che non supera per popolazione quella della Lombardia. E la Confederazione registra la densità più alta di aziende, rispetto ai propri abitanti, della classifica Fortune 500. 

Se è vero che l’economia svizzera si basa principalmente sul terziario, servizi bancari e assicurativi, è anche vero che ha saputo mantenere un settore industriale florido nel campo della chimica, della farmaceutica, dell’elettrotecnica, della metalmeccanica e della componentistica, che rappresentano quasi un 30% del suo pil. Un tessuto di numerosissime pmi, oltre alla parte di governance delle grandi multinazionali i cui stabilimenti di produzione sono sparsi per il mondo. Poi ci sono i piccoli settori di nicchia: l’orologeria, la produzione di cioccolato, le fragranze e, nei servizi finanziari, la parte non irrilevante delle piattaforme di trading delle materie prime, oggi d’attualità (petrolio, metalli, minerali e prodotti agricoli). Ragione per la quale, molte grosse multinazionali, come Glencore, Vitol e Trafigura, risiedono fisicamente in Svizzera, oltre che per ragioni fiscali. 

Il segreto della ricchezza è contenuto oltre che nella stabilità politica, nell’autonomia monetaria e nel federalismo fiscale, anche nell’internazionalizzazione dell’economia e nell’investimento in capitale umano. Ciò è stato reso possibile grazie anche al fatto che la Svizzera sia un paese di immigrati. Ancora oggi, gli stranieri in Svizzera rappresentano il 25% della popolazione, contro il 13% della Germania e l’8% dell’Italia. La Svizzera ha saputo nel corso dei secoli, accogliere da un lato la manodopera qualificata e dall’altro i capitali per creare le aziende. Risale al 1862, la prima legge con esenzione d’imposta, nel Cantone di Vaud, per gli stranieri che intendono risiedere stabilmente e iniziare un’attività economica. Grazie alla propria ricchezza e a un basso indebitamento, la Svizzera ha potuto creare le università pubbliche dove studiano gli stranieri e i nipoti di quegli immigrati che vennero per fare fortuna. Dodici le principali università, di cui due, i Politecnici di Zurigo e Losanna, nella top 20 del QS World University Rankings.

Senza gli stranieri, la Svizzera non sarebbe quella che è adesso, sia nella storia passata che in quella più recente. Gli ugonotti francesi, in fuga dalle persecuzioni, crearono nel 700 le prime banche elvetiche, per accogliere e secretare i capitali dei regnanti e dell’aristocrazia prima e dell’alta borghesia poi. La prima legge a difesa del segreto bancario risale al 1713. Henrich Hentsch, figlio di un pastore e precettore prussiano e Jean-Gédéon Lombard, commerciante di origini italiane, fondarono a Ginevra nel 1796 la prima banca privata della città, oggi conosciuta come Lombard Odier Hentsch & Cie.

Julius Maggi, figlio di un immigrato italiano, creò nel 1880 la prima azienda di dadi per cucina. Sorte simile a quella di Heinrich Nestlé, tedesco stabilitosi a Vevey, che per primo inventò il latte in polvere per neonati. A Zurigo, nel 1895, i fratelli francesi Léon et Xavier Givaudan fondarono la prima azienda di profumi e fragranze della Svizzera. Nel 2021, il gruppo Givaudan ha fatturato 6,7 miliardi di franchi.

Il tedesco Hans Wilsdorf, creatore di Rolex e del primo orologio da polso al mondo impermeabile, a carica automatica con rotore Perpetual, trasferì le sue attività da Londra a Ginevra durante la Prima guerra mondiale, dopo la decisione del governo inglese di aumentare i dazi all’importazione di oro e argento. Sempre nel campo dell’orologeria, il polacco Antoni Norbert Patek e il francese Adrien Philippe, fondarono ai primi del 900 la casa Patek Philippe.

E infine, fu un libanese, Nicolas Hayek, a salvare le sorti dell’industria orologiera svizzera, verso la fine degli anni’70. In quegli anni, a causa della rivoluzione dell’elettronica, il settore scese da 90 mila a 30 mila addetti e molte aziende chiudono i battenti, per la concorrenza dei primi orologi al quarzo giapponesi della Seiko. Chiamate a soccorrere il settore in crisi, le banche elvetiche UBS e SBS finanziarono il salvataggio e incaricarono l’imprenditore di razionalizzare il processo produttivo. Vennero fusi i due grandi gruppi del settore, che comprendono Omega, Tissot, Longines e altri marchi, per creare lo Swatch Group, in sinergia con un solo produttore di movimenti, Ebauches, e il lancio sul mercato del primo orologio in plastica, compatto ed economico, al quarzo, made in Switzerland. Lo swatch, appunto. Risorse e talenti internazionali, industria alto di gamma e capacità di fare sistema. Il segreto svizzero è alla luce del sole. (riproduzione riservata)


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