In Germania, Francia e UK le start-up sono state protette. E in Italia?

di Enrico Sisti 20/04/2020 17:26
In Germania, Francia e UK le start-up sono state protette. E in Italia?

Mentre gli altri paesi Ue hanno adottato misure ad hoc per la protezione finanziaria di chi fa innovazione tecnologica, in Italia il meccanismo degli aiuti paradossalmente è rovinoso per le start-up

La crisi odierna è anche acceleratore della digital disruption, oggi già nei consumi, domani nella produzione.

Ora l’attenzione e tutte le misure comprensibilmente solo riguardano la sopravvivenza economica delle imprese, ma è l’Innovazione che a breve farà la differenza. È dunque fondamentale la salvezza delle imprese che producono innovazione tecnologica. Start-up e Industria 4.0 ne sono un riflesso: due termini che ieri erano nel vocabolario di tutti e che debbono tornare, presto e più in alto di prima, nell’agenda pubblica.

Per le start-up (e ciò che intorno a esse ruota, come il Venture Capital) il punto non è considerarle e trattarle come una specie protetta. La distruzione creatrice e la selezione sono tratti caratteristici del loro sistema. Tuttavia occorre evitare la falcidia, che è diversa dalla selezione.

Alcuni Paesi si sono già mossi di conseguenza. La Germania ha annunciato un piano (customized approach)  per le start-up, di circa 2 miliardi. La Francia ha varato uno stimolo di oltre 4 miliardi.  Rishi Sunak, ministro delle finanze britannico, ha anticipato l’adozione a breve di un pacchetto ad hoc per le start-up, presumibilmente come debito convertendo garantito dallo Stato.

In Italia non solo non è ancora stato fatto nulla di specifico, ma gli strumenti generali attuati rischiano di avere poco rilievo per le start-up in ragione delle loro particolarità: aziende strutturalmente in posizione di fragilità (ma non per debolezza), senza fatturati alle spalle, con alti costi in R&D, legate a investitori e a grants più che al canale bancario. Ne consegue che il meccanismo degli aiuti è sensato nella maggior parte dei casi, ma rovinoso per chi fa innovazione e per le start-up.

Sono state rivolte alcune proposte al Governo, al momento inascoltate. Meritano particolare attenzione quelle formulate dall’associazione italiana dei fondi di Venture Capital, VC Hub. Proposte che nel complesso cubano circa 500 milioni, molto meno di quanto messo a disposizione altrove, e però ritenuto sufficiente dagli operatori.

A queste proposte si può aggiungere, ad esempio, la necessità di pensare a un ruolo adattato alla situazione del Fondo Nazionale Innovazione della Cdp, operativo da pochi mesi e che sino ad ora è stato ignorato dai provvedimenti emergenziali.

E’ necessario poi chiarire che le imprese investite dal Venture Capital sono certamente da qualificarsi, ricorrendone le condizioni, come PMI ai fini della moratoria, senza assimilare la nozione di “portafoglio partecipate” a quella di “gruppo”, come fatto negli Stati Uniti, pur con distinguo e dopo l’iniziale confusione. Infine , va utilizzata maggiormente la leva della incentivazione fiscale agli investimenti, anche a favore della integrazione in gruppi industriali.

Diverso nei contenuti, ma nella medesima logica, l’intervento per le imprese che gli scorsi anni hanno affrontato gli investimenti resi possibili dai piani Industria 4.0. Paradossalmente, in questa situazione tali investimenti rischiano di costituire non un vantaggio competitivo, ma un onere finanziario aggiuntivo.

Per quanto non sia il momento delle politiche industriali, non considerare questo fatto in una scala di priorità porterebbe un doppio saldo negativo: la sparizione di imprese con capacità innovativa, e  l’inutile costo per il Paese degli stimoli e incentivi Industria 4.0 concessi in passato.

Infine, in una situazione nella quale emerge la difficoltà di messa a terra degli aiuti (come i tempi necessari alle istruttorie bancarie), non deve essere ignorato che tanto le start-up, quanto le imprese che hanno fruito degli incentivi Industria 4.0, rappresentano aggregati in qualche misura, certificati o se vogliamo selezionati: filtrati già da un sistema di norme, condizioni, scrutini, che in passato le hanno qualificate come elementi importanti del sistema paese e perciò meritevoli.  Questo deve avere un riflesso pratico nell’accesso agli aiuti.

E’ indispensabile evitare che l’effetto combinato dell’emergenza e delle misure adottate per contrastarla porti a una selezione al contrario, ossia alla sopravvivenza del più debole, in termini di apporto al sistema Paese, a spese del più forte.
 
Sisti è Partner Rucellai&Raffaelli e presidente del GdL Innovazione, Ricerca & Sviluppo di Amcham in Italy
 


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