Industria 4.0, come fabbricare fabbriche pensanti

20/03/2017 14:54
Industria 4.0, come fabbricare fabbriche pensanti

La quarta rivoluzione industriale non è solo un progetto o un’occasione di sgravi fiscali. Lodovico Camozzi accompagna Capital dentro l’azienda leader per la diffusione e l’impiego di sensori, cognitive robot, internet delle cose: dal tessile all’aeronautica, dal ferroviario all’elettronica.

C’è un pezzo di futuro anteriore, a Brescia. Una scintilla di universo 4.0 che ha preso casa negli uffici della Camozzi Digital, un’azienda gioiello, tutta privata, dove l’antica anima imprenditoriale che ne ha fatto un gruppo leader a livello mondiale, nei settori automazione ad aria compressa, macchine utensili, macchine tessili e solution provider, ha assimilato lo spirito dell’internet delle cose (IoT, internet of things). È la chiave, sottolineano in Camozzi, della quarta rivoluzione industriale appena iniziata, che pochi ancora praticano ma che il governo incentiva con il famoso iperammortamento inventato dal ministro Carlo Calenda (Capital ottobre-novembre 2016). 

«Abbiamo investito in risorse umane e tecnologiche, abbiamo stretto accordi con centri di eccellenza universitari italiani e stranieri», racconta Lodovico Camozzi, presidente e amministratore delegato del Gruppo Camozzi, da quando suo padre Attilio e i due fratelli Luigi e Geromino gli hanno passato prima le deleghe e poi l’eredità di un successo straordinario costruito in cinquant’anni dal nulla. «Abbiamo incontrato sul nostro cammino degli scienziati straordinari, abbiamo chiesto loro di dare una mano a noialtri metalmeccanici: noi sappiamo costruire il prodotto, voi avete il massimo dell’innovazione che fa nascere le start-up, proviamo a lavorare insieme», aggiunge Camozzi con un po’ di understatement. «E siamo stati affiancati nella nostra evoluzione»: a partire dai brevetti tecnologici internazionali, 20 già depositati, con dentro l’IoT; altrettanti in attesa di patente. Benvenuti in Futureland, dunque. Tra le colline bresciane, i vari stabilimenti del gruppo hanno cambiato pelle. Gli uomini della nuova divisione Camozzi Digital, insieme a tutti i vari hub tecnologici di gruppo, hanno inoculato l’IoT in tutti i macchinari tradizionali, che già si producevano su livelli di eccellenza con marchi storici quali Innse, Berardi, Marzoli e Ingersoll.

Due anni fa, in occasione della era internazionale Itma, hanno iniziato a mostrare i loro gioielli e a venderli; al loro fianco un partner d’eccezione, la Microsoft, di cui utilizzano la piattaforma Cloud Azure e la Cortana intelligence suite. Il tutto per fornire soluzioni senza precedenti ai clienti, basate sull’uso avanzato e diffuso dei sensori e l’intelligenza artificiale dei cobot (cognitive robot), per automatizzare con il machine learning non solo la produzione ma anche la sua logica e le sue strategie. Innanzitutto la manutenzione predittiva a distanza (remote predictive maintenance): le macchine tessili automatiche, quelle lunghe 80 metri ed alte 2, che da una parte si autoalimentano di materia prima pescando da un deposito le matasse di cotone e dall’altra emettono filati di ogni genere, vengono monitorate bobina per bobina, ingranaggio per ingranaggio, motore per motore, attuatore per attuatore; sensori sensibilissimi rilevano in anticipo quando un qualsiasi componente sta usurandosi o sta per incepparsi, per dare modo ad altri robot, talvolta alla mano dell’uomo, d’intervenire subito, prevenendo un dannoso fermo macchina e aumentando la produttività degli impianti del 15%.Tutto da remoto: cioè controllando da Brescia impianti produttivi di aziende clienti anche in India o in Turchia. 



Con oltre 390 milioni di fatturato2.400 dipendenti, Camozzi Group ha sviluppato, attorno a questo gruppo originario, attraverso le 50 teste d’uovo della Camozzi Digital Hub, e con il supporto scientifico delle università e dei centri di eccellenza, altre soluzioni che permetteranno ai clienti, aziende produttrici in vari settori e non solo del tessile, di automatizzare i processi con i metodi dell’industria 4.0. «Abbiamo moltissime cose da fare, ma moltissime ne abbiamo già fatte utilizzando il Centro ricerche Camozzi», aggiunge Lodovico Camozzi. «Come le conoscenze di dominio, passando per progettazione, sviluppo e prototipazione con stampanti 3D, fino alla messa sul mercato del prodotto finito. Abbiamo eccellenti risorse umane, soprattutto i giovani». L’imprenditore mostra orgoglioso un filmato (solo per uso interno) di un cobot all’opera: i bracci automatici montano e incastrano pezzi, e non sono ingabbiati in un recinto protetto perché grazie ai sensori che li guidano sono in grado di evitare eventuali ostacoli ambientali imprevisti. 

Lui guarda entusiasta e spiega con parole dirette e semplici, ma sorrette da un entusiasmo febbrile: «Stiamo creando un nuovo ecosistema industriale, trasversale in diverse tecnologie. Il concetto principale è mettere a fattor comune le nostre conoscenze di dominio, che nascono dalla competenza storica nei settori dove abbiamo e stiamo operando, dall’aeronautica al ferroviario, all’elettronica, vivificandole con l’IoT. Questo ci ha permesso di capire in anticipo la portata straordinaria dell’interconnessione tra componenti industriali nella manifattura moderna. E la nuova logica che riesce a portare l’intelligenza artificiale nelle linee produttive, interpretando in tempo reale i dati che gli impianti generano». C’è insomma interattività costante fra le macchine che producono e quelle che elaborano. «Questo è il ruolo della Camozzi Digital, azienda che ha portato all’interno di tutte le altre del gruppo questo ecosistema di conoscenze». Gli ingegneri e gli informatici della squadra di Camozzi hanno rilevato che il settore meccanotessile è quello in cui, sebbene la produzione sia in gran parte delocalizzata in paesi asiatici a basso costo del lavoro, la componentistica è talmente sofisticata (elettronica, meccanica fine, chimica dei materiali, con tolleranze che si misurano in micron) da poter trarre il massimo vantaggio dall’IoT.

«Abbiamo deciso di mettere tutte le nostre conoscenze in un’unica libreria che consentisse di sviluppare le nuove soluzioni tramite algoritmi», aggiunge Camozzi. Cioè? «In concreto abbiamo mobilitato una squadra di specialisti per la manutenzione predittiva e per incrementare la produttività dei nostri impianti e di quelli dei clienti. Tutto questo significa cambiare la cultura professionale e l’organizzazione nelle nostre fabbriche». Le nuove piattaforme IoT di Camozzi si collegano con i sistemi informatici detti Erp (enterprise resource planning), che gestiscono complessivamente le risorse delle aziende, adottati in tutti i settori della manifattura complessa. E dialogano automaticamente: i cobot produttivi inviano dati ai sistemi Erp, che li elaborano ulteriormente e ne traggono informazioni per calibrare tutti i processi prima e dopo la produzione: approvvigionamenti, logistica, magazzino.



«Oggi sono le stesse macchine che dicono al sistema centrale aziendale quando e come deve intervenire per ottimizzare ogni processo», precisa Camozzi. «Il tutto si sta concretizzando in risultati e in fiducia dei mercati in queste innovazioni. Conoscenze e talenti ci consentono di tradurre visioni, strategie e tecnologie in operatività. Ogni azienda moderna deve lavorare così». Significa dare spazio all’intelligenza, superare l’organizzazione piramidale e non frapporre ostacoli gerarchici all’innovazione? Secondo Camozzi, «non c’è più un problema di conflittualità fra trentenni e cinquantenni. Dobbiamo essere consapevoli che alcune persone saranno sostituite dall’automazione, ma che altre figure professionali saranno necessarie. Diversamente da altre rivoluzioni industriali, questo cambiamento non avrà un risultato negativo sul personale. E non serve più un’azienda a piramide. Oggi un’impresa innovativa deve essere tutta piana e tutta in linea, l’innovazione non prevede interruzioni. Al centro di tutto resta il prodotto. Esisteranno ancora l’alluminio con le sue leghe, o la fibra di carbonio, o l’acciaio, però chiunque sappia lavorare i materiali migliori senza saper integrare l’internet delle cose nei processi perderà l’anello più importante nella nuova catena di valore».  (Sergio Luciano)


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