L’Italia avanza nella nuova rivoluzione industriale 4.0

09/10/2017 18:10
L’Italia avanza nella nuova rivoluzione industriale 4.0

Le potenzialità di questa evoluzione radicale sono enormi: il mercato dei nuovi progetti industriali, fra soluzioni It, componenti tecnologiche abilitanti su asset produttivi tradizionali e servizi collegati vale nel nostro Paese circa 1,7 miliardi

Industria 4.0 è la più grande sfida alle imprese da decenni, perché è la maggiore innovazione nel processo produttivo. Infatti, 4.0 indica che è una rivoluzione industriale di portata almeno pari a quelle del vapore, dell’elettricità e dell’automazione dopo il 1970. La nuova industria passa per il concetto di smart factory e vede macchinari, prodotti e sistemi informatici connessi l’uno all’altro in un grande ecosistema dove tutte le componenti della filiera comunicano con standard aperti. E dove il capitale umano non è per nulla sostituito, al contrario è destinato ad assumere un ruolo più centrale, con nuove competenze. Una quarta ondata di progresso legata a tecnologie aggregate grazie a internet in modo sistemico, congiunte in nuovi modelli produttivi, con innovazioni di processo, organizzative, di prodotto e di business. E che dovrebbe traghettare, secondo la rotta delineata, per esempio, in una ricerca della società di consulenza Roland Berger, a intere fabbriche 4.0 entro il 2020, non solo dei grandi gruppi industriali ma anche delle pmi; all’ampia interconnessione con le soluzioni standard e alla progressiva sostituzione dei macchinari entro il 2025; alla connessione dell’intero sistema manifatturiero come una fabbrica intera entro il 2030. 

Ma come funziona concretamente l’impresa 4.0? «I sistemi, connessi attraverso sensori e attuatori, potranno sempre più interagire utilizzando protocolli internet, analizzando i dati per prevedere eventuali fallimenti e autoconfigurarsi per adattarsi ai cambiamenti», spiega Massimiliano Ceaglio, direttore operativo di I3P, incubatore di imprese innovative del Politecnico di Torino. «La raccolta e l’analisi dei dati renderà i processi più veloci, flessibili ed efficienti, con la produzione di beni di qualità superiore a costi ridotti, favorendo la crescita e cambiando la competitività delle imprese».

Le potenzialità di questa evoluzione radicale sono enormi: progetti digitali e modellazione virtuale del processo di produzione potranno, per esempio, ridurre il tempo tra la progettazione di un prodotto e la consegna. McKinsey stima dal 20 al 50% la riduzione del time to market e un miglioramento della qualità, con abbattimento dei costi, dal 10 al 20%. Inoltre, l’utilizzo di programmi di manutenzione preventiva potrà ridurre i tempi di fermo macchine del 30-50%, con minori costi dal 40% in su. «Viviamo un’evoluzione che ha un’accelerazione esponenziale, che produce profonde trasformazioni all’interno delle imprese e delle filiere, che tende a connettere oggetti e ambiti applicativi del tutto nuovi e diversi. Bisogna correre, e tanto, perché tra pochi anni sarà di nuovo tutto cambiato», raccomanda Federico Golla, presidente e ad di Siemens Italia, colosso nelle aree dell’elettrificazione, automazione e digitalizzazione, che punta su analytics, soluzioni 4.0 e applicazioni per la mobilità urbana. «La velocità attuale non è paragonabile neppure al taylorismo», aggiunge, riferendosi all’organizzazione del lavoro che si diffuse a inizio Novecento per ottimizzare la produttività in base alla migliore interazione uomo-macchina.

Sono avanti nella rivoluzione 4.0 Germania e Giappone, ma l’Italia è in forte accelerazione, con investimenti in innovazione favoriti dagli sgravi decisi dal piano governativo messo a punto da Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico. Gli investimenti contribuiscono per una quota rilevante alla ripresa del pil degli ultimi mesi, sommandosi all’aumento di produzione, export e consumo. Il motore è quello turbo del Piano nazionale Industria 4.0, che incentiva le imprese al salto tecnologico attraverso investimenti, infrastrutture abilitanti, competenze, ricerca e governance. In pratica, 13 miliardi di risorse pubbliche, distribuite fra il 2018 e il 2024, per la copertura degli investimenti attraverso il contributo di superammortamento, iperammortamento, beni strumentali, legge Nuova Sabatini e investimenti supportati dal credito d’imposta per la ricerca. Obiettivo del governo è generare investimenti aggiuntivi per 24 miliardi: 10 miliardi di investimenti privati in innovazione entro la fine di quest’anno (da 80 a 90 miliardi), 11,3 miliardi di spesa privata in più nel triennio 2017-2020 per ricerca e sviluppo, incremento di 2,6 miliardi dei finanziamenti privati, in particolare nell’early stage.

Secondo le cifre pubblicate a luglio dall’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano, il mercato dei nuovi progetti industriali, fra soluzioni It, componenti tecnologiche abilitanti su asset produttivi tradizionali e servizi collegati, valeva in Italia circa 1,7 miliardi già nel 2016, di cui l’84% realizzato verso imprese italiane e il resto come export, a cui bisogna aggiungere un indotto di circa 300 milioni in progetti di innovazione digitale. Se è vero che l’Italia è salita sul treno 4.0 un po’ in ritardo rispetto ai paesi capofila, secondo Alessandro Perego, Andrea Sianesi e Marco Taisch, responsabili scientifici dell’Osservatorio, le aziende hanno in compenso familiarizzato rapidamente con le tecnologie smart e conoscono i meccanismi del Piano nazionale. Le tecnologie più ricercate, che valgono circa 1 miliardo del mercato, sono quelle legate ai progetti di connettività e acquisizione dell’industrial internet of things, precisa Giovanni Miragliotta, direttore dell’Osservatorio. Seguono l’industrial analytics (20%, pari a 330 milioni di euro), il cloud manufacturing (9%, 150 milioni di euro) e l’advanced automation (sistemi di produzione e di movimentazione autonomi e collaborativi, un 8% che vale 120 milioni). 

Proprio gli incentivi 4.0 sono alla base dello sprint del mercato interno nel secondo trimestre 2017, tanto da superare per tasso di crescita le commesse che arrivano dall’estero. L’incremento riguarda tutto il settore della meccanica, dall’impiantistica alle macchine utensili, alla meccanica varia, ma tocca il culmine nel settore dei robot, dove le commesse interne sono aumentate del 20% da gennaio a marzo e del 28,5% nel secondo trimestre. Secondo i dati di Ucimu, l’associazione dei costruttori di macchine utensili, robot, automazione, i numeri del comparto robot potrebbero toccare quota 4,25 miliardi di euro entro la fine del 2017, molto vicino ai livelli del periodo pre crisi. Fra i comparti che sono cresciuti più velocemente nel secondo trimestre ci sono quello dei macchinari per ceramica (con le commesse a +60%) e il meccanotessile (+66%). Nel settore della meccanica viaria la federazione Anima prevede una crescita della produzione pari al +3,7% a 46,7 miliardi di euro: anche in questo caso il mercato interno è più vitale rispetto a quello delle esportazioni. Per Federmacchine, la produzione globale del settore dovrebbe arrivare a valere 44 miliardi di euro solo per la domanda interna, segnando un +6,8%, tasso di crescita doppio di quello registrato dall’export. Ed è Federmeccanica a evidenziare che nel primo semestre dell’anno il 65% degli ordini è stato effettuato utilizzando la forma dell’iperammortamento e il 35% sfruttando quella del superammortamento.

Tantissimo potenziale, però, è ancora inespresso e il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha già annunciato la volontà di trasformare il Piano nazionale in un intervento strutturato nel tempo e parte di una strategia che vedrà la manifattura al centro dell’agenda del governo (insieme con scienze della vita, turismo e cultura). Al vaglio c’è la proroga di un anno dell’iperammortamento al 250%, l’incentivo fiscale di cui le imprese possono godere se acquistano macchine 4.0 (che potrebbe essere esteso anche ai software, che finora hanno usufruito del superammortamento), e dell’agevolazione riservata ai macchinari tradizionali (la maggiorazione in questo caso è al 140%). L’estensione consentirebbe di effettuare l’ordine di acquisto entro il 31 dicembre 2018. Il governo ha per ora, lo scorso 19 settembre sciolto le riserve sul rinnovo, ma non ancora sulle aliquote dei vari incentivi. Altra novità del pacchetto Industria 4.0 è legata al lavoro: è stato annunciato un bonus fiscale sulla formazione previsto come credito d’imposta per spese legate alla digitalizzazione dei processi produttivi sostenute in misura incrementale, cioè calcolato sull’aumento della spesa rispetto alla media di un periodo precedente. (Lucia Gabriela Benenati). 


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