La fabbrica cambia pelle

di Andrea Cabrini 10/09/2016 02:00
La fabbrica cambia pelle
Federico Golla

La convergenza tra digitale e manifattura sta compiendo passi avanti anche in Italia. Ma bisogna adeguarsi in fretta perché ne va del futuro economico del Paese. Parola di Golla (Siemens Italia)

Time to market da record, qualità superiore dei prodotti, personalizzazione estrema ed efficienza spinta nella gestione delle risorse. Sono alcune delle promesse dell’Industria 4.0, ossia la convergenza tra digitale e manifattura, che sta facendo passi avanti anche in Italia. Si tratta di una rivoluzione che riscrive anche le regole del lavoro in fabbrica, con un impatto, ancora tutto da capire, su qualità e quantità dell’occupazione. La multinazionale tedesca Siemens è tra i partner del governo di Berlino che hanno lanciato gli standard e le linee guida delle nuove fabbriche intelligenti. In questa intervista Federico Golla, amministratore delegato di Siemens nel nostro Paese, traccia la sua roadmap verso l’Italia 4.0.


Domanda. Dottor Golla, il governo punta forte sul 4.0; nella legge di bilancio ci saranno nuovi incentivi a investire per rendere le fabbriche sempre piu’ digitali e intelligenti. Si parla di un iper-ammortamento. Quali ritorni potrebbe avere questo piano?
Risposta. Innanzitutto va fatta chiarezza sul 4.0: è una nuova generazione di «fare manufacturing»: è davvero la quarta rivoluzione industriale. L’Italia è il secondo Paese europeo, dopo la Germania, in termini di capacità produttiva; perciò l’impatto sarà molto forte e positivo.

D. In che cosa consisterà?
R. In questi mesi si è utilizzato sempre più spesso il termine «reshoring». Significa riportare in Italia produzioni che erano state trasferite in Paesi dove la forza lavoro costava meno. Si pensava che l’Est Europa e il Far East fossero convenienti dal punto di vista del costo di produzione, che non è solo costo del lavoro. Con il reshoring si è innestata la retromarcia.

D. E che cosa c’entra il 4.0?
R. Dietro il reshoring c’è la capacità di tornare a produrre su mercati che non sono diventati meno cari ma producono in modo diverso, totalmente automatizzato; qui entra in scena il 4.0.

D. L’Italia a che punto è?
R. Diciamo che siamo pronti a partire. La macchina è carica, il pieno di carburante è stato fatto. I gruppi più grandi, anzi, sono partiti da tempo, ma in Italia il tessuto industriale è fatto di pmi che non possono affrontare gli investimenti di un Industry 4.0 classico, ossia di un processo che riguarda tutto il ciclo di design, ingegnerizzazione, produzione e manutenzione del prodotto. Quindi noi abbiamo sviluppato un Industry 4.0 in versione light, digeribile anche per piccole imprese che non hanno così tanti capitali da investire.

D. Poco o tanto che sia, perché dovrebbero investire mentre l’economia è ancora così debole?
R. L’obiettivo di Industry 4.0 è lo stesso, che si tratti di Fca, con cui abbia realizzato ad esempio la linea di produzione della nuova Maserati nello stabilimento di Grugliasco, o di una piccola impresa. L’obiettivo principale resta la produttività.

D. A che cosa si riferisce?
R. Il principale vantaggio, che abbiamo anche misurato con Maserati, è il «Go to market». La stessa linea produttiva senza l’Industry 4.0 impiegava 30 mesi a passare dall’ideazione alla commercializzazione del prodotto. Ora bastano 18 mesi.

D. Come si ottiene questo risultato?
R. Il 4.0 toglie fisicità e aggiunge elaborazione. È ciò che si chiama cyber-physic, in quanto il manufatto viene prodotto solo alla fine del processo. Fino a quel momento il lavoro di ideazione, test ed engineering viene fatto in digitale. L’intelligenza artificiale e la robotica sono fattori chiave di questa rivoluzione.

D. Queste tecnologie consentono anche una maggiore personalizzazione dei prodotti. Quali settori ne potranno approfittare?
R. Si pensi alle automobili; oggi hanno listini infiniti perché il ciente può già personalizzare il prodotto al 99%. Si tratta proprio di «Go to market», che vuol dire vantaggio competitivo. Un altro settore molto già molto avanzato in questo campo è l’aerospaziale, ma qualsiasi segmento della industria ne potrà beneficiare. Anche perché un altro grande elemento di vantaggio è la qualità, che diventa molto più controllabile nel caso di prodotti fatti secondo questi criteri.

D. Ma alla fine stiamo parlando solo di meccanica?
R. No, il 4.0 parla a tutti e in particolare alle pmi delle nicchie di eccellenza. Penso ad esempio al food e cito Barilla o Ferrero, che hanno un modo di produrre molto attento anche al design; un tortiglione prodotto da una stampante 3D ha già la sua ragione d’essere.

D. Il 4.0 è nato in Germania nel 2011; a che punto sono adesso i tedeschi?
R. Hanno più potenziale rispetto agli italiani perché hanno tanta media e grande impresa. Avendo Siemens centinaia di fabbriche, siamo partiti dal salotto di casa trasformando i nostri impianti per ottenere cicli di «go to market» molto più veloci.

D. Qundi quanto futuro vi giocate in questa partita del 4.0?
R. Tanto, perché Siemens in Italia fa quasi il 50% dei volumi nell’automazione industriale. Credo che l’automazione tradizionale tenderà a diventare una commodity. Se Siemens vuole restare leader, dovrà giocare con attenzione la partita. Ma questa è una tecnologia che dominiamo meglio di altri.

D. Il 4.0 cambia le prospettive solo dentro i cancelli della fabbrica?
R. No, rappresenta un grande motore di innovazione anche per le infrastrutture, che in Italia manca da molti anni. È l’intelligenza delle infrastrutture cittadine o nazionali: la rete. Ad esempio, la rete elettrica, che prima era l’emblema della stupidità trasportando elettroni da un punto all’altro, oggi è diventata smart perché è una rete intelligente che permette di ottimizzare il prodotto e il consumo rendendo le reti resistenti a delle fluttuazioni. Poi c’è la mobilità. Al riguardo, le Ferrovie dello Stato stanno preparando concetti molto interessanti e moderni. Non si parla di trasporto, persone e merci, ma di mobilità. Il trasporto è un fatto fisico: si mette un container sul treno e lo si trasporta. La mobilità è gestire tutti i flussi, ossia porti, aeroporti, strade e ferrovie, attraverso un concetto integrato che ha dentro tanta intelligenza

D. E per i cittadini cosa cambia?
R. Le tecnologie del 4.0 cambieranno anche il modo di abitare. Nelle case ormai c’è la possibilità di controllare e regolare a distanza tutti i consumi elettrici o termici, di ricaricare la macchina elettrica. Quindi anche il building, che fino a oggi era cemento e materiali, sta diventando qualcosa di integrato .

D. A proposito di building, il 13 settembre poserete a Milano la prima pietra del un nuovo quartier generale di Siemens in Italia.
R. Sì, è una decisione che abbiamo preso un anno fa e che poi abbiamo rivisto anche per effetto della crisi. È un investimento importante, di 40 milioni di euro, ma il dato importante è che raggruppa tutti i circa 2.500 dipendenti di Milano in un’unica sede. E per tutti adotteremo lo smart working tramite un accordo di lavoro basato su un’indicazione chiara: fallo quando vuoi, fallo dove vuoi, ma fallo bene. (riproduzione riservata)


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