Quanta tecnologia in quel distretto produttivo

31/08/2017 14:51
Quanta tecnologia in quel distretto produttivo

Le imprese raccontano Italia di eccellenze, con risultati oltre i livelli pre crisi, proiettata nella quarta rivoluzione industriale: dalla connessione totale fra impianti al cloud, big data, interazione con clienti e fornitori...

Fatturato e margini ai massimi storici, pronti a vincere la sfida del digitale e con la prospettiva di un’accelerazione della crescita già nel prossimo biennio. I distretti raccontano un’altra Italia, ben radicata nei mercati esteri, i cui numeri hanno superato i livelli pre crisi e che, grazie alla capacità di cogliere le opportunità del programma governativo Industria 4.0, possono permettersi di guardare al futuro con ottimismo. Nell’ultimo biennio la crescita cumulata è stata pari all’1,4%, toccando già numeri record e per il 2017-18 si prospetta un’ulteriore accelerazione: +4,3%. Anche se generalizzare sarebbe un errore: sul territorio ci sono, sì, molte aree di eccellenza, ma anche filiere in affanno, se non ancora ferme.

La proiezione verso il 4.0 e i risultati più significativi dei distretti produttivi viene analizzata nel Rapporto annuale preparato dalla Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, dedicato all’evoluzione sia economica sia finanziaria delle imprese. Analisi approfondita: prende in considerazione i bilanci dal 2008 al 2015 di quasi 15mila aziende appartenenti a 149 distretti industriali e di 45mila imprese non distrettuali attive negli stessi settori di specializzazione. Il fatturato complessivo è di 550 miliardi, di cui 180 miliardi riferiti alle società distrettuali. Un confronto unico che viene sintetizzato in uno studio dove si trovano anche le previsioni per il prossimo futuro. 

Che i distretti siano in grado di creare valore lo dimostra il confronto di fatturati e margini tra le aziende che vi appartengono e quelle che non ne fanno parte, pur all’interno dello stesso settore merceologico: la distanza a favore delle prime è notevole. Rispetto al 2008, anno di inizio della lunga crisi, il fatturato registrato nei distretti era già nel 2015 positivo del 3,5% mentre nelle aree non distrettuali si registrava un calo del 2,5%. Le previsioni al 2018 vedono un ulteriore passo avanti fra le aziende organizzate territorialmente: +2,2% nel 2017 e +2,1% l’anno successivo. Lo stesso vale per l’ebitda: +7,7% e +7,8% rispettivamente.

La domanda internazionale resta decisiva per consolidare questa tendenza: +2,4% nel 2014, +4,1% nel 2015, +2,6% nel 2016, +4% previsto per il 2017 e +3,2% per il 2018. Intesa Sanpaolo ha approfondito l’analisi proprio analizzando i cambiamenti che stanno interessando il tessuto produttivo italiano e distrettuale in seguito alla diffusione del digitale e della manifattura riorganizzata con il 4.0: connessione totale fra impianti e al cloud, utilizzo dei big data, interazione con fornitori e, a fine processo, con la clientela... Nei distretti è presente un buon patrimonio di tecnologia e conoscenza dei mercati, mentre la situazione generale italiana vede anche impianti industriali meno aggiornati e poco interconnessi, riferisce il
rapporto. La presenza di grandi aziende consolidate e una nuova classe di medie imprese spinge sempre più avanti i distretti. In particolare, nella filiera metalmeccanica, «sulla spinta dell’attesa ripartenza del ciclo edilizio e degli investimenti in macchinari, a loro volta supportati dalle misure di incentivazione previste nel piano Industria 4.0» deciso dal governo.



Ma l’innovazione nei processi produttivi riguarda qualsiasi tipo di filiera, comprese quelle apparentemente meno sofisticate, come quella che produce le conserve di Nocera. Nella top 15 per fatturato, margini ed export sono svariati i distretti che si occupano di prodotti per la tavola. Al primo posto c’è il Prosecco di Conegliano- Valdobbiadene, al terzo i salumi di Parma, al quarto e quinto i vini dei Colli fiorentini e senesi e la mozzarella di bufala campana, e così via. Certo, è naturale associare l’innovazione alla meccanica strumentale di Vicenza o alla termomeccanica scaligera, o ancora all’occhialeria di Belluno, altre eccellenze. Tuttavia, la registrazione dei brevetti si trova in ogni settore merceologico, a conferma di un’intensa attività di ricerca e innovazione, uno dei quattro punti di forza che Intesa ha individuato nei distretti industriali oltre a partecipate estere, marchi ed export. L’importante non è tanto che cosa produrre ma come. Si legge nello studio: la rivoluzione digitale sta modificando l’organizzazione della produzione e della distribuzione nei distretti.

Diventa intelligente il sistema di produrre attraverso l’introduzione di macchine interconnesse tra loro e con sistemi esterni; divengono virtuali i luoghi di scambio, con la diffusione dell’e-commerce. Per Carlo Messina, consigliere delegato e ceo di Intesa Sanpaolo, «il sistema imprenditoriale italiano dopo aver dimostrato di avere la forza necessaria per superare la crisi deve oggi sostenere le sfide della quarta rivoluzione industriale che rappresenta una grande opportunità, ma che necessita di diverse iniziative sul fronte della patrimonializzazione, della formazione e della digitalizzazione. Azioni che richiedono investimenti sia finanziari che nel capitale umano». La concentrazione territoriale di una filiera può aiutare, così come aiuta l’effetto traino delle eccellenze aziendali. Ma tutti devono fare la loro parte: dal credito all’associazionismo, dal legislatore alla pubblica amministrazione. E ovviamente all’impresa. Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nella relazione annuale del 31 maggio ha sottolineato come sia necessario, per creare lavoro e benessere, «rimuovere i vincoli all’attività d’impresa, incoraggiare la concorrenza, stimolare l’innovazione e misurarsi apertamente con il progresso tecnologico». Era presente, in prima fila, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, che sul tema innovazione ha idee chiare: «La crescita della produttività dipende in gran parte dall’innovazione e dall’imprenditorialità. Ma ci vuole molto di più del solo sviluppo e della sola applicazione dell’innovazione e delle nuove tecnologie per riuscire a potenziare o addirittura rivoluzionare i processi di produzione. L’innovazione bisogna saperla adattare e trasferirla alle aziende più pigre. Per farlo è necessario investire nel capitale umano e in ricerca». Senza l’uomo, preparato, il 4.0 non basta. (di Antonio Spampinato) 


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