I nuovi lavori 4.0: le mansioni più richieste e le retribuzioni

09/11/2017 11:39
I nuovi lavori 4.0: le mansioni più richieste e le retribuzioni

I mestieri innovativi sono tutti scritti in inglese, ma migliaia di posti sono scoperti anche in Italia. Servono talenti con competenze legate anzitutto alla digitalizzazione e alla trasformazione 4.0 nelle imprese come nella pubblica amministrazione.

Cloud security architect, cyber security project manager, big data scientist, architecture mobile & Iot solution engineer, robotics system engineer, artificial intelligence software engineer...Qualifiche che paiono astruse, ma sono il passaporto per trovare immediatamente lavoro. Sono alcuni dei nuovi profili più ricercati nel breve-medio termine secondo l’Osservatorio delle competenze digitali 2017, preparato da associazioni di settore (Aica, Assinform, Assintel, Assinter) in collaborazione con l’Agid, l’Agenzia per l’Italia digitale, e il Miur, il ministero dell’Istruzione, l’università e la ricerca. Tutti mestieri definiti in inglese, perché il mercato dei talenti è internazionale, figli della crescente digitalizzazione delle aziende, dell’enorme numero di dati disponibili e della conseguente necessità di gestirli e sfruttarli per il business. 

«La digitalizzazione modifica processi, prodotti e servizi tradizionali. Ne scaturisce il bisogno di nuove competenze ma anche la necessità di rinnovare e potenziare quelle già esistenti in logica digitale», precisa Giancarlo Capitani, presidente di Netconsulting cube, holding operativa nel settore delle analisi di mercato e della consulenza Ict, e professore al Politecnico di Milano. Sono nati così ruoli da digital strategic planner, digital manager, chief digital officer, innovation manager, esperti in grado di contestualizzare e allineare strategie di business ed evoluzioni tecnologiche. In un mercato in continua evoluzione come quello del 21° secolo, è fondamentale prevedere il lavoro analizzando puntalmente la domanda di occupazioni da parte delle aziende investite dalla quarta rivoluzione industriale. La questione è talmente importante che anche la commissione Lavoro del Senato ha redatto una relazione in cui ricorda che, secondo una stima dell’Ocse, in Italia il 44% degli occupati subirà un radicale cambiamento delle mansioni entro il 2025 ma che il mondo 4.0 aprirà grandi opportunità.

Per arrivare preparati ai nuovi mestieri è fondamentale, a questo punto, puntare sugli studi universitari: imprescindibili le discipline scientiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche (Stem), lauree ormai sinonimo di grandi opportunità di lavoro. La costante richiesta di capacità digitali evolute spinge, infatti, gli atenei a offrire corsi di laurea e master di primo e secondo livello indirizzati a big data-data science e ciber security. Tra le proposte, business intelligence e big data analytics all’Università Milano-Bicocca, data science alla Bologna Business School, big data management alla Luiss, big data engineering al Politecnico di Torino, business analytics & big data al Politecnico di Milano, cyber security and data protection all’Università di Genova. Studi necessari, perché le professioni 4.0 devono combinare competenze tecnologiche e strategiche su più fronti: protocolli industriali, Iot, cloud computing, big data, nuove app, realtà aumentata, robotica e sicurezza. 

Anche le aziende più note fanno la loro parte per formare i giovani nel settore digitale. Cisco Italia, per esempio, ha creato un programma incentrato sulla formazione delle digital skill attraverso la Cisco Networking Academy, piattaforma di corsi online (www.netacad.com). Con Eccellenze in digitale, Google propone lezioni gratuite per scoprire tutte le opportunità del web, con video tutorial che spaziano dalle strategie sui social media al marketing per i motori di ricerca (www. learndigital.withgoogle.com/eccellenzeindigitale). Microsoft Italia, in collaborazione con Sda Bocconi School of management e altre grandi aziende, offre un programma di formazione manageriale e tecnologica. Si chiama Microsoft Dynamics Academy ed è indirizzata ai neolaureati (triennali/magistrali) delle facoltà di ingegneria, informatica ed economia (www.sdabocconi.it/it/sito/mda-microsoft-dynamicsacademy). Con Joint open lab (www.telecomitalia.com/tit/it/innovazione/archivio/ joint-open labs.html), Tim sviluppa un modello innovativo di relazione tra università e industria che prevede la co-location di ricercatori Tim e ricercatori universitari, professori o ricercatori in ruolo, borsisti, dottorandi, stagisti per progettazione e sviluppo di soluzioni innovative. I laboratori sono incentrati sulle tecnologie e piattaforme Iot e modelli multi-sided platform (Università di Catania); cognitive computing e intelligenza artificiale a supporto del business e tecnologie 5G (Politecnico di Torino); competenze big data (Università di Trento); tecnologie e servizi per la digital connected life (Statale di Milano).

«A mano a mano, la digitalizzazione renderà necessario un mix sempre più articolato di competenze, in cui skill tecnologiche si uniranno a quelle soft, come pensiero critico, creatività e intelligenza emotiva, capacità di leadership e di gestione del cambiamento. Queste ultime sono capaci di creare consenso e devono essere fondamentali soprattutto nella scelta dei manager, che devono governare nuove strutture, sempre più il risultato della combinazione tra sedi fisiche e virtuali», suggerisce Capitani. Per Carlo Caporale, amministratore delegato Italia di Wyser, società di Gi Group che si occupa di ricerca e selezione di profili manageriali, stiamo vivendo «una trasformazione velocissima, importante e radicale, che coinvolge al contempo tutte le professioni tradizionali. Le grandi imprese sono state più pronte ad accogliere le innovazioni tecnologiche. Le trasformazioni, però, possono essere cruciali soprattutto per le pmi, perché rappresentano una formidabile possibilità di crescita e sviluppo». Importante è la capacità di adattarsi, ancora di più precorrere il cambiamento, arruolando chi ha le competenze giuste. «Nel momento in cui la codifichi, una professione non è più nuova. Bisogna capire come si stanno evolvendo, che cosa manca.

La partita più importante si gioca nell’internet delle cose e nella meccatronica. E su come rendere le macchine non solo user friendly ma anche empatiche», aggiunge Caporale. Come sta facendo, per esempio, Apple. Il gigante di Cupertino è un esempio importante dei mestieri nuovi. Ricerca, per esempio, Siri software engineers, health and wellness, ovvero ingegneri con competenze in psicologia. Il loro compito sarà quello di creare tecnologie all’avanguardia per sistemi su larga scala, che usino insieme linguaggio parlato, big data e intelligenza artificiale. Saranno inseriti nel Siri domains team e avranno il compito di dare più personalità all’assistente vocale, che ha finora raccolto giudizi alterni, giudicato troppo asettico, migliorando le modalità di interazione con l’utente.

«Il segreto è ibridare le competenze, in una compenetrazione interdisciplinare: un informatico con skill di design, un architetto con skill digital... Per prepararsi al mercato del lavoro bisogna puntare al mix di competenze specialistiche (hard skill) e trasversali (soft skill)», suggerisce Donatella Sciuto, prorettore vicario del Politecnico di Milano e professore ordinario di sistemi di elaborazione al dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria. La nuova sintassi del mondo del lavoro è, dunque, in divenire. Per Capitani di Netconsulting cube, «i processi di contaminazione sono imprescindibili. Alcuni hanno già codificato nuove professioni, o stanno generando classificazioni nelle quali molte imprese ancora non riescono a orientarsi. Ma queste nuove figure bifronte sono fondamentali, perché sono capaci di scegliere le migliori tecnologie per migliorare i processi aziendali». 

In Italia continua intanto a crescere la domanda di professioni Ict. Secondo i dati riportati dall’Osservatorio e basati su una ricerca della banca dati WollyBi-Italian labour market digital monitor, frutto della collaborazione fra Tabulaex, società spinoff dell’Università Milano-Bicocca, e Crisp (Centro di ricerca interuniversitario per i servizi di pubblica utilità), oltre 175mila annunci di lavoro dai portali web in un triennio evidenziano una crescita media annua del 26% della domanda. Sviluppatorisystem analyst e Ict consultant rappresentano più di due terzi della domanda totale. Per le nuove professioni la domanda tocca picchi di crescita del 90% (così per business analyst e specialisti big data) e del 50% per profili come Ict consultant, database administrator e specialisti di service strategy. L’aggregazione delle professioni emergenti (specialisti in cloud computing, cyber security, Iot, service development, service strategy, robotics, cognitive e artificial intelligence, fra le altre) registra un tasso di crescita del 56%. Il 48% della domanda si concentra nel Nord-Ovest, con forte richiesta di business analyst; segue il Centro (24%), con system analyst e network specialist. Il settore Ict genera circa il 75% degli annunci web, il restante 25% è suddiviso tra attività manifatturiere, professionali, scientifiche e tecniche.

«Abbiamo condotto l’analisi semantica delle job vacancy sui principali portali italiani che offrono lavoro dal 2013 a maggio 2017. Alla fine, abbiamo identificato otto nuove figure emergenti, attraverso nomi e descrizioni utilizzati dalle stesse aziende: data scientist, cloud computing expert, cyber security expert, business intelligence analyst, big data analyst e social media marketer. L’aspetto più interessante di questa ricerca è geografico: il 42% di queste vacancy è stato registrato in Lombardia», informa Mario Mezzanzanica, docente di sistemi di elaborazione delle informazioni all’Università di Milano Bicocca e direttore scientifico del Crisp. 

L’Ict paga anche a fine mese, nello stipendio. Nelle aziende del settore, le retribuzioni nel 2016 sono cresciute con picchi del +5,7% per gli impiegati e del +4,9% per i dirigenti. Secondo l’Osservatorio, nel biennio 2017-2018 si possono creare 57mila posti di lavoro per specialisti Ict, a fronte di un’occupazione complessiva che potrebbe salire del 3,5% annuo. «Indubbiamente la digitalizzazione è il primo fattore che modifica le professioni esistenti. Noi abbiamo calcolato lo skill digital rate, il grado di pervasività delle competenze digitali all’interno di una singola professione richiesta dal mercato», chiarisce Mezzanzanica. «Secondo l’analisi delle web vacancy nel 2016 nelle professioni Ict, queste incidono in media per il 68%, con picchi dell’80% per le nuove figure legate agli ambiti Iot, mobile, cloud. Nelle altre professioni l’incidenza è comunque crescente, legata sia ai cambiamenti sulle aree di automazione nei processi stimolati dal piano Industria 4.0 (63,6%) ,sia nella relazione digitale con il cliente dei settori servizi e commercio (54,6%)». 

Il settore che maggiormente bisogna di competenze digitali è la pubblica amministrazione. Per questo il team per la trasformazione digitale guidato da Diego Piacentini ha lanciato a inizio ottobre la sfida Hack.Developers, la più grande maratona di sviluppo mai organizzata, 116 squadre, 200 mentor sparsi in 24 città italiane, 20 iscritti a San Francisco, più di 800 sviluppatori mobilitati, 80 community coinvolte in 16 regioni. Cinque i progetti selezionati: Library 18app (validazione dei voucher attraverso un Qr code), due progetti dedicati allo spid (sistema pubblico di identità digitale), uno alla carta d’identità elettronica e uno al design.     (Lucia Gabriela Benenati) 


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