Industria 4.0, quali i nuovi mestieri e quelli futuri?

di Isabella Colombo 23/12/2016 12:17
Industria 4.0, quali i nuovi mestieri e quelli futuri?

Meno bulloni da avvitare, più progettazione e controllo. A differenza che nelle passate rivoluzioni industriali, ci sarà una riqualificazione del lavoro

I robot ci toglieranno il lavoro? È il fantasma che aleggia dietro l’entusiasmo per le opportunità dell’industria 4.0. «Le perdite si concentreranno nella fase produttiva, affidata quasi del tutto alle macchine. Contemporaneamente avverrà una profonda trasformazione del mercato del lavoro: ci saranno meno operai dediti a occupazioni monotone, ripetitive e svilenti, come attaccare lo stesso bullone, nello stesso posto, mille volte al giorno, tutti i giorni. Ma ci saranno molti più programmatori di software per macchine in grado di sostituire quegli operai e di controllare che tutto funzioni», prevede Francesca Contardi, docente di gestione delle carriere all’Università Liuc di Castellanza (Va). I nuovi posti si concentreranno quindi nei settori ingegneria e informatica. «È un’evoluzione in atto: nei magazzini di Amazon, il colosso delle vendite online, già oggi si muovono soltanto robot in grado, grazie all’internet delle cose, di capire in quale corridoio e scaffale prendere ciò che serve a riempire un pacco», aggiunge Mirna Pacchetti, ceo di InTribe, che analizza le nuove tendenze attraverso i big data. «È già così in tanti settori della grande produzione e distribuzione. A differenza delle altre rivoluzioni industriali, che hanno tolto lavoro e dequalificato artigiani e professionisti, questa volta ci sarà una riqualificazione del lavoro umano, cederemo gli impieghi di basso profilo per diventare progettisti e controllori».

Le nuove professioni, le più richieste - Una ricerca sugli annunci di lavoro in Lombardia, condotta da WollyBi-Italian labour market digital monitor (nato dalla collaborazione tra TabulaeX, società spin-off dell’Università Milano Bicocca, e Crisp, il Centro di ricerca interuniversitario per i servizi di pubblica utilità che fa capo allo stesso ateneo) ha permesso di individuare le nuove figure richieste dalle aziende che puntano all’industria 4.0. «Per esempio il business analyst, cioè il professionista che identifica le esigenze di clienti e stakeholder, analizza il mercato e trova soluzioni di information technology ai problemi di business; il designer engineer che si occupa dello sviluppo di nuovi prodotti assicurando innovazione continua attraverso l’utilizzo delle ultime tecnologie; il data scientist che è in grado di trattare e analizzare grandi quantità di dati di natura eterogenea per trasformare in valore le informazioni », spiega Mario Mezzanzanica direttore del Crisp e responsabile del progetto. I nuovi lavori riguarderanno soprattutto i pilastri dell’industria 4.0, cioè big data, interfaccia uomo-macchina, smart manifacturing. «Serviranno i progettisti dei software cognitivi, cioè i programmi che permettono alle macchine di assimilare nuove informazioni direttamente dall’esperienza in modo da non dover essere programmate per ogni singola azione», precisa Pacchetti. «Gli analisti dei big data saranno occupati in ogni settore della produzione, dalla ricerca alla realizzazione, perché bisognerà trasformare ogni dato e informazione in numeri, cioè in un linguaggio comprensibile alle macchine. Serviranno poi tecnici addetti alla stampa 3D, ai plotter e a tutti i nuovi macchinari necessari allo smart manifacturing. E ancora: piloti di droniaddetti alla realtà aumentata, figure che renderanno possibile vedere cosa succede dentro un impianto invece di entrarci dentro o smontarne pezzi quando qualcosa non va».

Vecchie e nuove funzioni - Dalla ricerca di WollyBi-Italian labour market digital monitor non emergono solo le nuove professioni, ma anche le nuove funzioni di quelle già esistenti e più richieste di ieri: tecnici di vendita e distribuzione, ingegneri meccanici ed elettronicioperatori di macchinari, programmatori e progettisti di software. «La novità è che a queste figure adesso vengono chieste competenze in linea con le esigenze dell’industria 4.0», avverte Mezzanzanica. «Chi si occupa di marketing e vendite, per esempio, deve avere anche competenze Seo, saper gestire un blog e conoscere i sistemi di Google adwords e Google analitycs. Nei settori di progettazione e produzione bisogna capire di system integration, standard information security e analisi malware». Spesso queste competenze non sono ancora state acquisite dai lavoratori perché non esistono corsi di studio o di formazione in tema. «Il nostro master in data science for management, per esempio, viene seguito da molti professionisti già inseriti che hanno bisogno di acquisire le nuove competenze. Per le aziende si tratta adesso di formare daccapo molte figure, oppure di chiedere agli atenei risorse umane formate. Si apre così una nuova era anche nel dialogo tra mondo del lavoro e della formazione».

Le soft skill 4.0 - Non basterà sapere tutto di big data & simili per aspirare a un posto nell’industria 4.0. «Anche le soft skill, cioè le competenze trasversali, cambieranno e giocheranno un ruolo cruciale», secondo Contardi. «Saranno necessarie competenze multidisciplinari per guidare una transizione indolore tra i vecchi processi aziendali e quelli dettati dal 4.0 con il suo enorme apporto di tecnologie robotiche e informatiche. Non basteranno capacità solo tecniche. Non basterà quindi una semplice operazione di upskilling, cioè aggiornamento delle competenze, o reskilling, cioè evoluzione del proprio ruolo. Capacità critica e pensiero laterale saranno virtù sempre più richieste per poter imparare a discernere informazioni numerose, complesse e contraddittorie. E la creatività sarà preziosissima per riuscire a distinguersi in un mondo in cui tutto sembra già essere stato inventato e prodotto».


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