Musk vuole catturare CO2 per i suoi razzi e 50 accademici italiani vogliono bandire quella tecnologia

di Patrizia Feletig 15/12/2021 19:41
Musk vuole catturare CO2 per i suoi razzi e 50 accademici italiani vogliono bandire quella tecnologia

Quasi contemporaneamente alla nuova sfida lanciata dall'imprenditore californiano, in Italia 50 accademici hanno firmato un appello a Mario Draghi contro la stessa tecnologia: la Ccus (Carbon capture, usage and storage). Retrorazzi contro retroguardia…

L’ultima avventura in cui si è imbarcata la “persona dell’anno 2021” secondo il settimanale Time, è trasformare l’atmosfera rarefatta sopra la terra in combustibile per i razzi che lancia nello spazio sognando la conquista di Marte. Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo (ora solo multimilionario ma stava per diventare miliardario) non possiede una casa e recentemente ha svenduto parte della sua fortuna per inseguire i suoi progetti sempre visionari. L’ultimo, annunciato lunedì 13, è l’avvio con la sua società SpaceX di un programma per estrarre diossido di carbonio dall’aria e convertirlo in combustibile spaziale.

“Usare risorse in situ per generare carburante, potrebbe avere grandi implicazioni durante la nostra transizione per diventare interplanetari” ha twittato Musk che predilige forme di comunicazione veloci e concise, funzionali peraltro nel lasciare all’immaginazione gli aspetti attuativi.

Proprio mentre la comunità internazionali degli affari e i guru tecnologici di ogni latitudine si galvanizzavano per la nuova sfida lanciata dall’intrepido imprenditore californiano, in Italia 50 accademici hanno firmato un appello a Mario Draghi contro la stessa tecnologia: la Ccus (carbon capture, usage and storage).

Nella dotta e argomentata lettera, non si ricava una sola motivazione tecnica, economica o di sicurezza energetica per non confidare nella possibilità della cattura del carbonio come una delle diverse tecnologie da potenziare per raggiungere la neutralità CO2 entro metà del secolo. I firmatari, nomi sicuramente prestigiosi, tralasciano di citare che la stessa Agenzia Internazionale per l’Energia calcola che il 15% della riduzione delle emissioni cumulative  sarà imputabile al Ccus. Minimizzano il dispiegamento dei progetti a livello mondiale: 135 di cui 27 operativi, 4 in costruzione e 102 in fase di sviluppo. Rispetto al 2020 aumentano del 48% le emissioni catturate passando da 75 a 111 milioni tonnellate/anno.

La tesi degli accademici è che si tratta di una tecnologia che finirebbe per favorire il comparto dei fossili, il quale è anche il settore produttivo responsabile delle maggiori emissioni di gas serra. Si tralascia incidentalmente che, oltre al segmento Oil & Gas, la Ccus viene adottata anche in processi produttivi energivori come cementifici, acciaierie, impianti di smaltimento rifiuti, produzione di fertilizzanti, ecc.

Seguendo un ragionamento barocco, invece di considerare la Ccus come una soluzione innovativa per contenere le emissioni di settori economici poco verdi come cemento e acciaio, per decenni ancora necessari nella fase di transizione o comunque basilari a prescindere, per gli autori sarebbe invece socialmente preferibile bandire la Ccus tout court. Posizione questa in conflitto con l’Unione Europea, la quale nel Green Deal riconosce il potenziale contributo del Ccus e s’impegna a creare una cornice favorevole per la crescita di industrie europee specializzate. 

Ne è convinto anche Elon Musk a tal punto che all’inizio del 2021 ha messo in palio un premio da 100 milioni di dollari per innovative tecnologie di cattura del carbonio, con l’intento di risucchiare mille tonnellate di CO2 dall’atmosfera e in seguito scalare il progetto.  E finora allo schiocco delle dita di Musk il mercato azionario ha sempre risposto presente.


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