Speciale Partita Doppia Rivoluzione 4.0

17/09/2016 11:19
Speciale Partita Doppia Rivoluzione 4.0

La quarta rivoluzione industriale, i vantaggi, le sfide. Le aziende italiane sono pronte per questa opportunità?

Cabrini: 4.0, una rivoluzione che vede la convergenza tra il digitale e la manifattura, che va oltre i cancelli delle fabbriche e diventa una delle forze che sta trainando la trasformazione della nostra economia, che cresce allo 0 % in questo momento. Come capite bene questa è un’opportunità da non perdere. Ne parliamo con l’ingegner Federico Golla, presidente e ad di Siemens Italia, con l’ingegner Paolo Massardi, senior partner di Roland Berger, con il professor Giambattista Gruosso, del Politecnico di Milano, con Gianfranco Carbonato, presidente di Prima Industrie, e con Maurizio Brevini, presidente del Club Meccatronica. Cos’è per voi il 4.0?

Golla: 4.0 è una nuova era, un nuovo modo di fare manufacturing, la combinazione fra la componente cibernetica e quella fisica volte alla realizzazione del prodotto. Pensate alle automobili: prima occorrevano i prototipi in legno, ora basta un click, con tempi di produzione straordinariamente accorciati.

Cabrini: Quali sono le componenti chiave che faranno la differenza rispetto all’automazione industriale classica?

Gruosso: Uno degli aspetti più importanti è la commistione fra il mondo dell’informazione e quello della meccatronica classica, con sistemi in grado addirittura di auto-decidere, senza l’intervento di un operatore. Qualcuno dice che più che di una rivoluzione si tratta di un’evoluzione, che in quanto tale, a suo volta, porterà a rivoluzionare tutto.

Cabrini: A che punto siamo in Italia su questo fronte?

Massardi: L’attenzione delle aziende è senza dubbio elevata, come quella del Governo e delle associazioni di categoria. Detto questo, soprattutto per quanto riguarda i settori di eccellenza, siamo ben lontani da una vera rivoluzione.

Cabrini: Difatti una ricerca certifica che nelle Pmi italiane non ci sia particolare consapevolezza di quanto stia accadendo. Solo nelle grandi imprese, quelle da almeno 500 dipendenti, c’è una certa conoscenza del 4.0. Cosa perdono queste aziende?

Massardi: L’opportunità di rimanere competitivi in alcuni settori in primo luogo, e poi marginalità: alcune tecnologie riescono davvero a rendere profittevole la manifattura di alcuni prodotti. Diverse aziende italiane stanno riportando in Italia produzioni in passato esportate in Paesi dal costo del lavoro inferiore, in virtù dell’adozione di nuove tecnologie. Quello che manca in certe imprese è la conoscenza di quale tipo di tecnologie possano fare la differenza.

Cabrini: Queste promesse di produttività e competitività rinnovate quanto possono essere mantenute da questa rivoluzione? Ne vale la pena in termini, soprattutto, di investimenti?

Carbonato: Sì, perché 4.0 impatta due tipologie di fenomeni: l’evoluzione del prodotto, con contenuti nuovi, e i processi produttivi. Elementi che possono avere come conseguenza l’aumento dell’export, a patto appunto che venga fatto un salto di qualità che permetta ad alcuni settori già oggi altamente competitivi di rimanerlo. Purtroppo c’è un problema dimensionale che genera difficoltà, con il gran numero di piccolissime imprese presenti in Italia.

Cabrini: Come possono rispondere le Pmi?

Carbonato: L’ideale sarebbero i consolidamenti fra aziende. Ma con l’individualismo italiano è difficile. Credo molto nel meccanismo della filiera, dove c’è un capo che traina gli altri membri, fra cui si crea una vera complementarietà. Questa potrebbe essere la via.

Cabrini: Si tratta davvero un fenomeno solo per le grandi aziende o è qualcosa a cui anche le piccole possono accedere?

Golla: È qualcosa anche per le Pmi, senz’altro. Noi, consapevoli del fatto che in Italia ci sono più piccole che medie imprese, stiamo guardando ad un 4.0 light, una versione leggera che permetta di partire con alcune parti della rivoluzione 4.0 adattate alle esigenze delle Pmi.

Cabrini: Cosa può fare il Governo, in concreto, per stimolare investimenti che vadano in questa direzione?

Golla: Io dal Governo mi aspetto soprattutto delle regole, è poi l’industria privata deve provvedere da sé alla propria evoluzione. Il Governo può favorire il dibattito sul tema, e in particolare pensare alle infrastrutture, dalla banda larga alla viabilità, che scontano ritardi decennali. Si tratta di settori in cui c’è da far migrare tanto della nuova rivoluzione digitale.

Cabrini: Lo strumento dell’iperammortamento farà la differenza?

Carbonato: Sicuramente è uno strumento che può aiutare, anche se la mia impressione è che in Italia manchi fiducia nel futuro, è questo che penalizza gli investimenti. Io penso che il Governo possa fare varie cose per facilitare questo cambiamento, non solo l’iperammortamento: il credito d’imposta alla ricerca e allo sviluppo non incrementale ma automatico, per esempio, aiuterebbe. E molto deve fare nella formazione, perché industria 4.0 è soprattutto un salto culturale.

Brevini: Sono d’accordo, dobbiamo spingere le piccole imprese che non hanno la possibilità di formare ad appoggiarsi a chi può sopperire a questa carenza. Secondo me non è tanto un problema di investimenti, quelli si fanno fisiologicamente, ma di formazione di personale qualificato, è su questo che chiediamo aiuto al Governo.

Cabrini: Chissà che file in università per capire il 4.0…

Gruosso: Sì, tanto che abbiamo lanciato il primo master sul 4.0 con l’obiettivo di riqualificare le risorse. Non si può mettere tutto nel tradizionale contenitore della formazione universitaria, ci vogliono contenitori nuovi e aggiuntivi. È necessario insegnare a leggere le tecnologie affinché il personale possa guidare le imprese nelle loro scelte.

Cabrini: È davvero un problema di conoscenza o c’è anche dell’altro?

Massardi: È fondamentalmente un problema di conoscenza. Le tecnologie sono disponibili, non sono loro il fattore limitante, ma lo sono le competenze e le conoscenze dell’imprenditore e del personale. Aggiungerei che c’è anche una componente di timore nei confronti della tecnologia e della rivoluzione 4.0. C’è timore di perdere il proprio posto di lavoro e vedersi sostituiti da un robot o da un drone. Dobbiamo far capire alle persone che non è così.

Cabrini: Che impressioni circolano rispetto al tema dell’occupazione?

Carbonato: Sicuramente le tecnologie porteranno ad un cambiamento delle metodologie del lavoro, il problema è aumentare le persone che possano accedere a queste informazioni. Pensate  al Politecnico di Torino: il 50 % delle richieste di ammissione viene respinto ogni anno, per carenza di strutture, e il 90 % dei laureati entro un anno trova lavoro. Occorre ovviare a questa situazione, bisogna permettere a chi oggi resta fuori di poter accedere alla formazione. Poi, che alcuni lavori, grazie allo sviluppo tecnologico, andranno perdendosi è chiaro, la sfida è sostituirli con altri tipi di lavoro, che però possono strutturarsi solo grazie alla formazione.

Cabrini: Con l’introduzione della meccatronica c’è più o meno lavoro in fabbrica?

Brevini: Non è che ci sia più o meno lavoro, è che il lavoro è cambiato. Diverse imprese italiane hanno accettato il cambiamento, e ora stanno affrontando le sfide che ne sono conseguite. Il cambiamento è chiaro che fa paura, sempre, ma bisogna mettersi in un’ottica positiva, considerarlo come qualcosa da scoprire e sfruttare per ottenere dei benefici. Sono d’accordo anche io che nelle fabbriche ci sarà meno spazio per lavoratori manuali, e per questo bisogna preparare il personale a nuovi orizzonti, riqualificandoli.

Cabrini: Ci sono esempi di storie di aziende che già hanno intrapreso la via di Industria 4.0?

Massardi: Ci sono varie start up che hanno pensato di sfruttare Industria 4.0 non tanto per modificare il proprio modello di business quanto per iniziare ad offrire nuovi servizi a chi intende sposare Industria 4.0. Penso alla connessione fra macchinari in azienda, all’elaborazione dei relativi dati in tempo reale e all’ottimizzazione dei turni di lavoro. E stiamo parlando di aziende che hanno visto poi aumentare i propri fatturati.

Golla: Il primo esempio che abbiamo siamo noi stessi, che entrando nell’ottica della rivoluzione 4.0 abbiamo visto cambiare molte cose: i parametri fondamentali della produzione, la qualità, lo scarto, l’efficienza, la produttività, tutti elementi che sono migliorati, creando un modello di business che coinvolge anche i nostri clienti. Un’altra innovazione fondamentale è l’analisi dei big data: siamo costantemente aggiornati sul funzionamento del macchinario, e quindi siamo in grado di implementarne continuamente le prestazioni. Non è necessario rivoluzionare la propria fabbrica per allinearsi al 4.0, ma è possibile farlo mantenendo la propria fisionomia tradizionale: la macchina rimane il cuore della produzione, il 4.0 è ciò che aiuta a gestire la macchina.

Cabrini: Molti si chiedono se Industria 4.0 rappresenterà davvero un passaggio evolutivo per tutta l’economia italiana o se sarà riservata solo ad una piccola schiera di aziende. Quali sono i vantaggi che questa rivoluzione può portare a tutti, e non solo alle imprese già di elevato livello?

Gruosso: Decidere di seguire la rivoluzione del 4.0, anche solo in minima parte, rappresenterebbe già di per sé un grosso cambiamento, in particolare rispetto al prodotto e alle possibilità e modalità di produzione all’interno dell’Italia. C’è poi il tema della qualità del lavoratore: cambierà il modo in cui è sovraccaricato e il modo in cui interagisce con le componenti della fabbrica, rendendo la mansione meno faticosa.

Cabrini: Come cambieranno i robot?

Gruosso: Si stanno mettendo a punto soluzioni innovative che permetteranno ai robot di entrare in catene o processi in cui prima non esistevano. Il vantaggio è l’alleggerimento del lavoro.

Carbonato: Vorrei nuovamente sottolineare l’aspetto dell’evoluzione più che della rivoluzione: i robot ci sono da tempo nella produzione industriale, ma la vera novità di Industria 4.0 è l’interconnettività. La robotica cooperativa è una sfida molto interessante, perché permette di considerare la fabbrica in modo non più compartimentato, ma con uomini e robot che lavorano insieme in modo sicuro.

Cabrini: Quali sono i settori che più direttamente stanno vivendo questo cambiamento?

Brevini: Nella componentistica o nell’agricolo, per esempio, dove i macchinari si stanno evolvendo in maniera incredibile, basti pensare ai trattori che oggi hanno gps e internet. Vorrei evidenziare l’importanza dell’elemento della diagnostica: che fare quando le macchine avranno raggiunto un certo limite di utilizzo? Occorre affrontare il tema della manutenzione, anche preventiva.

Cabrini: C’è un’opportunità anche per le aziende tipiche del made in Italy ma lontane dal mondo della meccanica?

Massardi: Direi di sì, proprio perché accanto al prodotto innovativo c’è la dimensione dell’incremento dell’efficienza dei meccanismi produttivi. E poi l’innovazione del prodotto può essere pensata anche nell’utilizzo del prodotto, non solo nelle sue funzionalità.

Cabrini: Questo cambierà anche la nostra vita, a casa e nelle città, e non solo quella all’interno dei cancelli delle fabbriche?

Golla: Certo, la digitalizzazione è un seme che cresce in varie direzioni. L’auspicio è che si stia avviando un processo che possa migliorare la qualità della vita nelle case, nelle strade, nell’ambiente, ovunque.

Gruosso: Sono convinto che la connessione fra la fabbrica e il sociale sarà una delle grandi novità di questa rivoluzione.

Cabrini: È un pericolo per noi il fatto che anche le grandi multinazionali straniere stiano andando in questa direzione, in termini di competitività?

Carbonato: No, è sicuramente più un’opportunità. Farà sì che potremo riqualificare la nostra qualità manifatturiera, che altrimenti sarebbe destinata ad asciugarsi. Che poi la manifattura si porta dietro tutto il mondo dei servizi e di tutta l’economia in generale: non possiamo perdere questo treno. Occorre che il Governo su questo trasmetta fiducia a tutto il Paese.

Brevini: Concordo, dobbiamo trovare il modo per riportare certe produzioni sul nostro suolo, dando la possibilità di incrementare il fatturato generale, e il 4.0 è la strada giusta.

Cabrini: Rischiamo di accumulare ulteriore ritardo perché gli altri corrono più veloci di noi?

Golla: Sono convinto che abbiamo tutte le carte giuste da giocarci. I ritardi sono storici, ma le nostre aziende sono innovative. E all’innovazione bisogna aggiungere il cuore, la fiducia. Penso che le nostre capacità non debbano assolutamente aver paura di competere all’estero.

 

 

 


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